Questa frase di Eugenio Perucatti, direttore del carcere di Santo Stefano tra il 1952 e il 1960, scelta come esergo del libro, guida il lettore attraverso sette storie reali, dense di dolore e resistenza, in cui la giustizia ha fallito.

Tra le pagine, incontriamo figure come:

• Rocco Pugliese, giovane comunista condannato per un omicidio politico che non aveva mai commesso.
• Giovanni Andrea Addessi, incarcerato nonostante una confessione postuma che scagionava la sua colpevolezza.
• Luigi Podda, partigiano sardo, condannato per una strage accaduta mentre si trovava altrove.
• I fratelli Sacco, siciliani perseguitati per la loro opposizione alla mafia.
• Raoul Ghiani, al centro di uno dei casi più oscuri degli anni Cinquanta.
• Carlo Corbisiero, imprigionato per anni prima che la verità venisse finalmente a galla.
• E infine Salvatore Gallo, condannato per aver ucciso un uomo... che era ancora vivo. Il capitolo che lo riguarda si intitola emblematicamente: L’assassino di un uomo mai morto.